Tia Borica
Atzeni, 96 anni nel 2005, è una donna sapiente intervistata. |
|
Case vecchie,
dimenticate, un mondo lontano, offuscato nella memoria.
Anziane donne
vestite di nero camminano lungo le strade del paese; un paese diverso,
rinnovato in pochi decenni.
Sono donne
sradicate, reduci di un mondo antico, le ultime fugaci apparizioni di una
società primitiva, semplice, piena di poesia.
Fino a quando
potremo chiedere di farci partecipi della loro esperienza?
Le incontriamo
nelle loro case ritirate, silenziose, sedute in un angolo, ma scrutando il
viso avvolto nel mucadore nero di vedove non è difficile carpire, al
di là di quegli occhi bassi, fissi, una dimensione arcana.
Sono state parte
di un mondo epico, povero, di una vita a contatto con la natura, in un tempo
in cui era necessario lavorare molte ore e dormire poco, fare lunghi
tragitti a piedi, partire all’alba, rientrare a notte fonda e rimboccarsi le
maniche per preparare il pane, lavorare tutto il giorno per guadagnare un
quarto d’olio o un anno intero per potersi permettere una camicia.
Da bambine
seguivano il gregge in campagna al gelo. Per scaldarsi i piedi aspettavano
che scendesse la tiepida pipì delle pecore.
Gli uomini
andavano a caccia per sfamarsi. Il pastore dormiva all’addiaccio, con un
cuscino di pietra e le orecchie come lepre, spiato dai ladri nascosti tra le
siepi, bramosi come demoni di sottrargli gli animali allevati con sudore,
lacrime e speranza. Attendevano con ansia che si addormentasse per agire con
frode, per mietere il frutto che non avevano seminato. Il pastore rischiava
la vita tutte le notti. Dimostrava il suo coraggio e la sua onestà.
Un mondo di
rinunce, di grande umanità e solidarietà, in cui le persone gustavano fino
in fondo le piccole gioie, avevano la dote della pazienza, accettavano con
dignità i dolori e le sconfitte, condividevano il poco a loro disposizione.
In pochi anni la
società agro-pastorale ha cambiato volto, è mutata in modo così rapido come
non era mai avvenuto nell’intero arco della storia.
L’uomo ha elevato
il proprio livello d’istruzione, è progredito in molti campi, si è
arricchito materialmente, ma nella frenesia del cambiamento ha trascurato
essenziali valori della sapienza popolare emersi in una millenaria
elaborazione.
Nel mondo di oggi
non trova posto il silenzio adatto alla meditazione, manca il lavoro svolto
secondo il ritmo delle stagioni, con i versi degli animali, il defluire
delle acque dei torrenti. È stata persa la dimensione naturale, come il
gusto del profumo del pane, di quando il pane era veramente pane e il grano
cresceva senza diserbanti e concimi chimici, la frutta era odorosa, polposa
e saporita, l’uva aveva il colore del sole, dei campi, le architetture erano
salubri e in sintonia con l’ambiente.
Dei vecchi paesi
resta qualche sgualcita fotografia. Davanti ad un’immagine sbiadita di
Dualchi ho provato nostalgia. Ho immaginato di camminare sulle strade, sul
ciottolato e sulla nuda terra, circondato da case basse distanziate, di
pietra e fango. Un asino si riposava all’ombra di un muro. Uomini e donne
camminavano scalzi, in simbiosi con la terra, si esprimevano nella lingua
antica.
L’arredamento era
semplice, armonico, essenziale. Bastavano una cassapanca, un comò, un
tavolo, alcune sedie per dare all’abitazione uno stile inconfondibile.
C’erano giorni di
semina e di trebbiatura, giorni di nascite e sagre, altri di lacrime,
malattie, guerre e deportazione, ma anche nelle prove più dure la vita
andava avanti.
Agli arcani
rintocchi dell’Angelus il crepuscolo avvolgeva il villaggio nero di
basalto sfumato dal rosso delle tegole, con le case sole, tristi, presaghe
del domani, strette in un anelito di preghiera.
Le interviste,
seguite da brevissimi commenti di ragazzi, sono una testimonianza di quel
mondo, per fruire e ricordare un frammento di passato.
|
Index:
introduzione
sa pastoredda
la pastorella
a novaiorka
a new york
in prima linea
casa editrice
autore
racconto
Posada, paese
affacciato sul mar Tirreno. Noti artisti hanno acquistato
le case del centro storico sulla rocca dominata dal castello
della Fava, per trascorrervi le vacanze. |
|